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venerdì 21 ottobre 2011

Libri introdotti: "Il trucco c'è ma non si vede"

La copertina del libro.
Ecco a voi alcuni spezzoni tratti dal libro "Il trucco c'è ma non si vede", Archimede ed altri burloni storici, Francis Turtledove - Robert Welldone, 2011 Trollscience edizioni.
Libro consigliato nel nostro precedente post "Tutti i libri da portare in mare

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Il più grande burlone storico: Archimede di Siracusa.
Archimede di Siracusa è stato un matematico, ingegnere, fisico,ed è considerato uno dei massimi scienziati della storia. Almeno secondo i libri di tutto il mondo. Ma quello che stiamo per raccontarvi non ha nulla a che vedere con un rispettabile uomo di scienza. 
Archimede “Il galleggiante” (chiamato così per via della sua peculiare abilità nel farla franca anche nelle situazioni peggiori) prese parte ad uno dei più grandi raggiri nella storia delle truffe. Poco si conosce della sua vita: nato e cresciuto a Siracusa frequenta in giovane età gli ambienti più malfamati della polis. Il suo rapporto con le istituzioni è burrascoso sin dai tempi della scuola; si dice che un giorno rubò gli scudi del suo insegnante con lo stratagemma piuttosto ingegnoso della “moneta galleggiata”: chiese al proprio maestro di mettere le proprie monete dentro una bacinella d’ acqua scommettendo sul galleggiamento di queste ultime (invogliando così il malcapitato maestro ad un guadagno facile) per poi fuggire con il maltolto a gambe levate. Le monete in effetti galleggiarono seppur dentro le tasche di archimede. Quell’ episodio al contempo goffo e birbantesco gli costò un espulsione dalla scuola.
I genitori, appresa la notizia, rimasero come statue di sale: erano abituati ai vari “è intelligente ma non si applica” ma non potevano di certo accettare un avvenimento del genere: stupido sì ma mascalzone no. Così lo mandarono in collegium, dove il giovane archimede fece la conoscenza di altri  scavezzacollo che lo deviarono completamente dalla retta via. Negli anni del collegium si fece ragguardevole l’ amore di archimede per l’ acqua, compagna di truffe, ma anche e soprattutto per le bravate: lo sdrucciolone del rettore del collegium a causa di una scala bagnata gli costò l’ allontanamento dall’ istituto. I suoi gavettoni erano sempre rimasti senza firme, ma sfortuna volle che quel giorno, dentro la stanza di archimede, ci fosse un secchio ancor parzialmente bagnato, prova inconfutabile della sua colpevolezza.

I primi incarichi e le prime scoperte.
Il primo incarico gli viene affidato dal re Gerone II.
Il sovrano, per celebrare un successo, aveva commissionato ad un orefice una corona d'oro fornendogli per questo un certo quantitativo del prezioso metallo. A lavoro finito la corona pesava esattamente quanto l'oro fornito, ma Gerone aveva il dubbio che parte dell'oro fosse stata sostituita con un uguale peso di metallo più vile (argento o rame) e chiese ad Archimede di trovare un modo per confermare o meno i suoi sospetti.
 Archimede, allettato da cotanto oro e sapendo di avere per le mani un allocco di prim'ordine, accettò di buon gusto la richiesta dell'ignaro sovrano. Egli avrebbe scoperto come risolvere il problema mentre faceva un bagno, notando che immergendosi nell'acqua provocava un innalzamento del livello del liquido. Pensò quindi: "Se posso farlo con l'oro, perché non farlo con altri metalli?" Questa osservazione l'avrebbe reso così felice che sarebbe uscito nudo dall'acqua esclamando "εὕρηκα! απάτη!" (héureka! apáti̱! Ho trovato! Frode!).Così, chiesto preventivamente il materiale per condurre l’ esperimento, archimede sostituì sia il lingotto che la corona affidategli con un lingotto ed una corona in “oro napoletano” (una lega di bassissimo valore) fabbricategli da un artigiano amico suo. Gerone II venne così truffato doppiamente, ma fu solo una delle tante vittime dei raggiri di questo maestro della frode.
In un’ altra occasione re Gerone II (vittima preferita dei raggiri di archimede) salì sulla zattera di archimede, il quale lo condusse remando in un punto del mare abbastanza lontano dalla riva. A quel punto archimede issò la vela, e chiese a gerone II:
“Cosa tu vedi, mio imperatore?”
“Una zattera che si muove in acqua”
“Ne sei così sicuro?”
“Che dubbi potresti sollevare su di un fatto così manifesto?”
“Imperatore mio – indicando delle leve alla base della zattera – sono quei congegni a spostare l’ acqua sottostante, la zattera è ben che ferma, è la terra per intiero che viene spostata di sotto”.
Gerone II, sbalordito da tanto ingegno lo ricompensò con oro ed altri incarichi. Da questo episodio ci perviene la sua celebre frase: “datemi una leva e solleverò la Terra” ed anche l’ espressione di uso corrente: “Il Gerone II del villaggio”.

 Una delle più importanti invenzioni di archimede è la cosìdetta "Viteruffo" di archimede. Questo macchinario consisteva in una vite girevole a doppio fondo che trasportava liquidi e fluidi dal basso in alto e oro dall'alto in basso. Ben presto tutto il traffico di oggetti frutto di truffe e rapine era convogliato attraverso questo prodigioso strumento camuffato da attrezzo per l'irrigazione di campi sopraelevati. Il segreto di questo strumento rimase fino alla morte di Archimede, sopraggiunta durante l'assedio di Siracusa da parte di un soldato romano
Uno degli aspetti più importanti del genio di Archimede sta nella formulazione di importantissimi postulati scientifici, appositamente truccati per favorirlo nelle svariate truffe da lui perpetrate a scapito di ignari e facoltosi individui che credevano ciecamente nelle soluzioni dello scienzato. Emblematico è il caso della vite di Archimede: Utilissima per la povera gente, in quanto irrigava i campi con poca difficoltà, una sanguisuga per il padrone latifondista, in quanto lo prosciugava segretamente da tutti i suoi aurei averi.

Un aneddoto sulla storia di Archimede viene narrato da Plico di Pelle nel 200 a.C. :
Si narra che Archimede e Gerone, intenti ad una passeggiata sulle coste di Siracusa, si interrogavano su cosa scatenasse le maree. Passò del tempo quando Archimede, con un lampo di genio, chiese a Gerone il motivo per cui accadono le maree. Gerone, in un primo momento, era riluttante a rispondere alla domanda  e non voleva fare una brutta figura davanti al suo Scienziato preferito, al che lasciò la parola ad Archimede, che chiaramente espose la questione:
"Mio re, l'acqua orsù s'innalza per volere dei pesci, che in quel periodo dell'anno van dai fiumi per rientrare in mare. Al che, come un uomo s'infila diritto nella vasca e fa traboccar l'acqua, il mare s'innalza a sponde alte per poche ore".Entusiasmato da tanta genialità, Gerone avrebbe conferito ad archimede il titolo di "Genio di corte", confermandogli anche tanti privilegi economici.
Dopo questo episodio, il povero Gerone II venne ribattezzato "Pesce fuor d'acqua". Emblematico il caso di molti ragazzini delle generazioni successive che, riferiti a questo episodio, sono solerti insultare i propri coetanei "pesce".
Tra le grandi truffe di archimede è doveroso annoverare quella del chimerico “orologio ad acqua”. Questo complesso macchinario era costituito da due vasche che si riempivano alternamente, delle quali una era atta ad erogare un flusso costante di acqua, mentre l’ altra fungeva da collettore. Sopra la vasca inferiore era posta un’ asse girevole alla quale era arrotolato un filo, alle cui estremità erano a loro volta legate una piccola pietra e un galleggiante. Tanti altri piccoli dispositivi componevamo questo segnatempo, ma l’ unico ingranaggio che funzionava era quello dell’ inganno. Come poteva infatti un orologio funzionare tramite un paio di bacinelle collegate a fili, galleggianti ed una pietra? Tutti se lo chiesero, tranne Gerone II. L’ orologio doveva infatti il suo funzionamento al collegamento con un altro orologio del palazzo, quest’ ultimo di classica fabbricazione, che si trovava proprio dietro alla parete dell’ orologio ad acqua. Ecco spiegato il “funzionamento” di quell’ imbroglio automatizzato, grande vanto di Gerone II, il quale però ogni tanto si chiedeva come mai si fosse improvvisamente rotto l’ altro orologio.
Una delle realizzazioni tecniche di Archimede più ammirata nell'antichità fu il suo planetario. Ma anche uno dei raggiri che gli fece ottenere più fama. Questo aggeggio prediceva, secondo gli abbindolati, il moto apparente del sole, della luna e dei pianeti, il tutto grazie ad un’ unica rotazione. Di mano, aggiungo, con permesso del lettore: i componenti di quel complesso sistema erano infatti allacciati ad un semplice sistema di fili gestiti da archimede in persona. l’ ingranaggio del planetario non era altro che un mucchio di ruote dentate che giravano a vuoto. Gerone II provò lui stesso il planetario; archimede quasi non scoppiò in copiose risate quando il re, girando l’ unica manovella, esclamò: “Archimede, la stessa mano che stà facendo muovere tutti questi pianeti ti ricoprirà di oro ed altri incarichi”. Gerone II, inconsciamente, disse una cosa giusta. Molti altri furono difatti gli incarichi dati in gestione a quel truffatore
L'assedio di Siracusa e la morte di Archimede
Durante l'assedio di Siracusa da parte dei romani, ad Archimede venne affidata la difesa della città, mansione con la quale dimostrò tutta la sua abilità nel circuire Gerone II. Commissionò a tal proposito la produzione di  24 grandi specchi piani, da disporre in una figura esagonale su un graticcio ruotante su un palo fissato al terreno: lo specchio centrale serviva a dirigere il raggio solare riflesso sull'obiettivo, mentre gli specchi laterali venivano fatti convergere con un sistema di cinghie. Questo allo scopo di riflettere i raggi solari sulle navi nemiche e portarle all’ autocombustione. Sembra lapalissiano dire che quest’ idea sarebbe stata etichettata da chiunque come burla o ciarlataneria, ma Gerone II vide nel progetto degli specchi ustori un lavoro di grande ingegno da finanziare soventemente a spese dei siracusani, trascurando un piccolo dettaglio: le navi nemiche non sono fatte di paglia.
I risultati di quell’ imponente macchina bellica non si fecero attendere. Plutarco racconta che vennero utilizzati gli specchi ustori contro le sessanta imponenti quinquereme di Marco Claudio Marcello. Fu un disastro, Gerone II continuava a chiedersi il perché di tale fallimento e come mai i soldati dell’ impero romano fossero così abbronzati.
Archimede però sapeva benissimo che gli specchi ustori non avrebbero funzionato, e dicendo a Gerone che aveva in serbo l'arma segreta contro gli invasori romani nascosta nel materasso, corse subito a casa. Archimede aveva invece progettato una fuga con i piani della sua favolosa macchina a specchio da vendere ad un solarium della roma capitale, e altri favolosi congegni della truffa, ma quella stessa notte fu ucciso da un abbronzatissimo soldato romano.
Sulla morte di Archimede sono state esposte tante versioni. Tre di queste pervengono da Plutarco:
"Archimede, intento ad arraffare gli ultimi ori derubati al re Gerone II, viene sorpreso da un soldato romano che gli intima di seguirlo. Al che Archimede avrebbe esclamato "Sbirindula meccanica", con il chiaro intendo di distrarre il soldato e darsela a gambe. Il soldato, poco incline allo scherzo, lo avrebbe freddato con il suo gladio".
Un'altra di queste racconta di Archimede intento a truffare gli svariati soldati penetrati nella città, e uno di essi, avendo osservato il trucco del galleggiamento delle monete, uccide Archimede mentre tentava di darsela a gambe con i suoi sesterzi.
La terza leggenda sulla morte di Archimede è narrata come una fatalità: Archimede stava infatti terminando una delle sue più famose macchine di cui ancora oggi non si spiega il funzionamento (e che doveva probabilmente servire come ennesima truffa ai danni del povero Gerone II ): La zattera che galleggia sott'acqua. All'invito a seguirlo del soldato romano, Archimede avrebbe risposto "fatti i cazzi tuoi", scatenando così l'ira del soldato che lo uccise a sangue freddo.


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